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Il feedback in azienda, questo sconosciuto

Da qualche tempo mi capitava di imbattermi nel libro ‘L’unica regola è che non ci sono regole – Netflix e la cultura della reinvenzione’. Avevo letto pareri contrastanti a riguardo, per cui non mi convincevo ad acquistarlo… poi la curiosità ha prevalso e non mi vedo affatto pentita!

Questo libro mi ha fatto sognare un mondo lontanissimo dal mio ma mi ha fatto anche riflettere su alcuni aspetti, modus operandi o formae mentis che potrebbero trovare applicazione anche nel nostro contesto imprenditoriale, se solo ce ne fosse l’intenzione.

Vi anticipo già che probabilmente da questo libro trarrò spunto per più di un post, ma il primo da cui voglio partire è l’utilizzo del feedback in Netflix. Se ne parla in uno dei primissimi capitoli e si percepisce che costituisce parte delle fondamenta su cui è stata costruita l’azienda.

Prima di proseguire su come il feedback venga praticato a Netflix, vorrei concordare prima una sua definizione: per feedback intendo un riscontro dato da una persona ad un’altra sulle sue azioni, sui suoi comportamenti, sulle sue strategie e iniziative strettamente legate alla sua sfera professionale; riscontro che può essere positivo ma anche non positivo.

All’interno delle aziende in cui lavorate, come date o ricevete questi riscontri? Ho già parlato in uno dei miei post precedenti della ritrosia generale a dare feedback positivi, con quelli non positivi com’è la situazione? Nella mia esperienza vedo spesso verificarsi due possibili casi:
• Il feedback non viene proprio dato. Le motivazioni sono: non voler infierire su un’altra persona rischiando di farla star male o non infilarsi in questioni spinose di cui poi dovremmo comunque rendere conto.
• Più che un feedback si fornisce una ramanzina più o meno urlata.

Entrambe le ipotesi finiscono per essere inutili, se non dannose, sia per la persona che per l’azienda in generale: come insegna Netflix, infatti, evitare di dare un feedback o trasformarlo in uno sfogo della propria frustrazione significa perdere un’occasione di miglioramento.

Passiamo ora alla meravigliosa gestione del feedback attuata in Netflix, secondo il libro che sto leggendo. Il presupposto da cui si parte è: se l’azienda ti ha assunto è perché conta sul tuo contributo al suo successo, le tue opinioni quindi sono importanti, se vedi qualcosa che secondo te stride o non funziona e non lo dici è un atto di slealtà. Musica per le mie orecchie, quasi troppo bello per essere vero anche perché questo modus operandi travalica ogni livello gerarchico (tanto che pare che chi riceve più feedback in azienda sia proprio Reed Hastings, cofondatore di Netflix).

Altro muro frantumato da Netflix è quello del ‘trovare il momento giusto’. Nelle occasioni in cui decidiamo di dare un riscontro non positivo ma costruttivo ad un nostro collega ci accertiamo ti trovare il momento giusto per farlo, un momento in cui siamo soli ed in cui il nostro collega sia nel mood migliore per poterlo ricevere. Ecco in Netflix questa ricerca del momento perfetto non c’è: che si sia in riunione, da soli, o addirittura mentre si sta tenendo una conferenza davanti ad una platea numerosa, in qualunque situazione si può ricevere un feedback da qualcun altro, superiore o sottoposto che sia nella scala gerarchica.

Questa libertà totale di espressione, di essere onesti anche in maniera brutale è possibile grazie alla ‘guida delle 4A’ che fornisce ai dipendenti di Netflix una sorta di ‘user manual’ del feedback. Le prime due A si riferiscono a chi dà il feedback:
1. Aim to assist: lo scopo del feedback deve essere positivo deve spiegare alla persona che lo riceve come uno specifico cambiamento lo aiuterà o aiuterà l’azienda a migliorare.
2. Actionable: il feedback deve concentrarsi su ciò che il destinatario può fare in modo diverso fornendogli tutte le informazioni affinchè sia possibile trovare una via alternativa.
Le seconde due A si riferiscono, invece a chi riceve il feedback:
1. Appreciate: chi riceve un feedback non deve mettersi sulla difensiva, deve piuttosto mostrare apprezzamento per lo spunto di riflessione e lo deve fare in maniera esplicita in modo che questa cultura della sincerità e del feedback venga rinvigorita agli occhi di tutti ad ogni occasione.
2. Accept or Discard: un feedback non deve essere un obbligo per chi lo riceve. ‘L’obbligo’ è quello di rifletterci su, poi sarà libero di seguirlo o no.

Ora una mia riflessione personale: cosa rende possibile questa libertà di essere sinceri? La fiducia, in se stessi e quella reciproca. In Netflix tutti sanno di dare il massimo per il bene dell’azienda e sanno che i loro colleghi fanno altrettanto. Fornendo un feedback, quindi, hanno la chiara percezione di contribuire al successo del proprio collega e non temono ripercussioni sui loro talloni d’Achille.

Il feedback, ma non solo, fa parte di quel concetto di libertà (la libertà di essere onesti e schietti in qualunque occasione) attraverso cui Netflix stimola anche il senso di responsabilità in ogni suo collaboratore. Ma ne parleremo più avanti!